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martedì 29 dicembre 2009

Al diavolo la burocrazia!

Da quando Smidy si è ammalato, mi è stata riconosciuta l'invalidità al 100%, per "non poter compiere gli atti quotidiani della vita". Necessito di assistenza continua, quindi percepisco l'indennità di accompagno (che spendo quasi totalmente in medicine, ma questo è un altro discorso). Ovviamente in forma provvisoria, rivedibile al massimo ogni ventiquattro mesi.

Quali siano i reali vantaggi che questa situazione comporta, pochi di noi colpiti dal cancro lo sappiamo: quello che riusciamo ad ottenere è per sentito dire.

Mentre sei seduto in sala d'attesa in day hospital, senti il tuo vicino che dice di dover rinnovare il contrassegno invalidi rilasciato dal comune per poter parcheggiare nei posti riservati e, nel caso di Roma, poter transitare nelle corsie preferenziali per bus e taxi ed entrare nei varchi delle ZTL (zone a traffico limitato). Allora ti si accende una lampadina e pensi: caspita ma io non lo sapevo. Telefoni al municipio di appartenenza, ti informi, ti accorgi che la trafila è talmente complessa che quasi quasi rinunci… ma poi preso da un eccesso di orgoglio ti dici che devi riuscire ad ottenerlo.

Come prima cosa devi farti rilasciare dall'ospedale la documentazione completa (il più completa possibile, mi raccomando!) riguardo al tuo stato di salute, quel certificato che avete già presentato per ottenere l'invalidità civile e la legge 104 ed i cui punti salienti sono riportati sul verbale di invalidità che dovrete portare con voi, ovviamente. Poi dovrete passare visita dal medico legale della ASL di riferimento… Ed ecco una bella sorpresa! E' lo stesso che qualche settimana prima vi aveva ritenuti invalidi!

Quando ti rivede con la tua bella mascherina che copre il tuo viso… ti riconosce e assume subito un atteggiamento infastidito. Sulla sua faccia si legge la frase: "Questa rompi, così strana, proprio non molla!". Ed io che notoriamente odio le mosche e non me ne lascio mai posare una sul naso, guardo il medico con sfida e gli dico: "Non ci siamo già visti? Sì, sì lei è proprio quello che mi ha già passato visita per l'invalidità o per la legge 104, o sbaglio?". "No, non si sbaglia! Siamo in pochi e dobbiamo occuparci di tutto! Quindi capita che facciamo l'uno e l'altro!". Ed è pure stizzito! Incredibile ma io sono invalida! Lo hai stabilito tu! Possibile che ora tu abbia bisogno di nuovo della stessa documentazione dell'altra volta, del certificato di invalidità firmato da te, delle mie cartelle cliniche che pesano diciotto chili e sono ognuna di diecimila pagine o giù di lì e che, quindi, non leggerai mai, per stabilire se mi spetta un cazzo di contrassegno invalidi? (Scusate la parolaccia). Ma non sarebbe stato meglio, per sveltire il tuo lavoro, farmi una sola visita legale e stabilire in un'unica seduta sia per l'invalidità, che per la legge 104, che per il contrassegno invalidi? Magari sarebbe stato più semplice anche fare in modo che tutto avesse la stessa durata e la stessa scadenza, così che un povero malato di cancro, che non può compiere gli atti quotidiani della vita, come tu hai opportunamente stabilito, e che è in aplasia da due anni, non avrebbe dovuto correre anche dietro alle scadenze delle varie "facilitazioni" per i portatori di handicap!

Ah, no! Dimenticavo! In questo modo ho pagato tre volte il ticket e soprattutto ho fatto tre volte la fila, in un luogo ovviamente affollato, che dovrei ovviamente evitare e dove ovviamente non posso dire "Sono invalida, ho il diritto di saltare la fila!" perché anche gli altri sono invalidi e in molti stanno persino peggio di me!

Sapete che quando ho passato visita dal medico legale dell'INPS per provare ad ottenere la pensione di inabilità mi ha innocentemente detto: "Signora, non possiamo mica concederle la pensione, perché lei è troppo giovane e la sua malattia è acuta. Quindi: o muore o guarisce. Se muore dovremmo pagare la reversibilità ai suoi eredi, se guarisce dovremmo darle la pensione a vita. Lo stato non si può prendere un simile aggravio". Bel furbacchione non mi ci volevi mica te per spiegarmi che sto "come d'autunno, sugli alberi, le foglie"… lo sapevo molto bene già da prima, idiota! Ma che Dio ti fulmini la prossima volta che concedi qualcosa ad un falso invalido! E che la notizia mi arrivi cosicché ti presto Smidy e ti faccio fare una settimana di vacanza con lui! Così forse capiresti per quale strano motivo a soli quaranta anni sarei disposta a rinunciare al mio amato lavoro pur di assicurare un vitalizio sicuro (seppur minimo) ai miei tre figli!

Al diavolo la burocrazia! La rompi proprio non molla, tranquilli! Sono invalida. Ho pochi diritti. Li voglio sfruttare! E quindi in questi giorni riprenderò il mio (lento) pellegrinaggio verso i luoghi sacri della burocrazia italiana. CHE PALLE!

Dov'è il ministro per le pari opportunità e di cosa diavolo si sta occupando? Ditemi che guarisco, e poi mi butto in politica così dopo una legislatura avrò pure la pensione assicurata con tutta la reversibilità!

lunedì 28 dicembre 2009

Daniela e Smidy: la nostra storia

Era il 14 dicembre 2007. Sembrava essere solo un banale malessere causato da un ciclo mestruale un po' troppo abbondante ed, invece, si trattava di leucemia.

Leucemia. Sapevo bene che di solito non lascia scampo.

Leucemia. Capii da subito che la battaglia sarebbe stata molto dura ed altrettanto lunga. Ed io che, fino ad allora, ero sempre stata in debito di tempo con la mia vita, sarei stata costretta a fermarmi, avrei dovuto imparare a coltivare l'attesa e la pazienza. Almeno per un anno.

Leucemia. La mia nuova compagna di vita, una visita inaspettata quanto indesiderata, ma questi mali non si scelgono né si possono prevedere.

Dopo un primo periodo di sconforto iniziale, mi resi conto che dovevo combattere il cancro con tutte le mie forze per riuscire a riappropriarmi al più presto della mia vita, della mia famiglia, dei miei cari, dei miei amici, del mio lavoro e di tutto ciò che costituiva il mio mondo che a volte mi era sembrato così stretto.

Affrontai il primo ciclo di chemioterapia, quello di induzione, con il terrore di non farcela ma non persi mai la speranza di uscirne viva. Ebbi anche la fortuna di uscirne in remissione completa: Smidy, il mio midollo malato, aveva ripreso a funzionare producendo un numero esiguo di cellule leucemiche. La prima battaglia era vinta!

Il secondo ciclo, quello di consolidamento, fu una passeggiata rispetto al precedente. Non solo lo affrontai con più forza fisica, recuperata grazie alle cure ricevute, ma con una voglia di vivere e di combattere incredibile. Rimasi colpita io stessa dalla combattività che avevo recuperato ed imparato ad utilizzare in un modo completamente nuovo e sconosciuto. In questa strana partita contro il destino Smidy ed io conducevamo per due a zero.

Ma, purtroppo, non era finita: ci aspettava la battaglia più importante, quella più dura, più estenuante, più rischiosa, più incerta. Era giunto il momento del trapianto autologo di midollo osseo. Ci fu un terzo ciclo di chemioterapia e poi l'espianto: le cellule staminali ematopoietiche furono prelevate da Smidy, attraverso un intervento chirurgico, alle ossa delle creste iliache. Ora dovevano solo tornare, tramite una trasfusione, nel mio sangue periferico per poi trovare la strada verso il midollo, e non ci sarebbe rimasto che aspettare che ricominciassero a riprodursi ed a produrre cellule sane capaci di dare origine a tutti i componenti del sangue.

Si sapeva fin dall'inizio che il mio trapianto avrebbe richiesto molta attenzione: le cellule che era stato possibile espiantare da Smidy non erano del tutto sufficienti, ma non potevamo permetterci di attendere di trovare un donatore compatibile nella banca mondiale: dovevamo agire in fretta, prima che la malattia potesse riaffacciarsi. Dopo il trapianto trascorsero otto lunghi mesi prima che Smidy ed io cominciassimo a star meglio: otto mesi caratterizzati da tanta paura, paura di non farcela, paura di dover ricominciare tutto daccapo e per di più con un trapianto allogenico, da donatore esterno non consanguineo. Sembrava proprio che Smidy non riuscisse a cavarsela ed, invece, alla fine di marzo del 2009, d'improvviso cominciammo ad essere indipendenti dalle trasfusioni ed a sopravvivere con le nostre forze. Intorno a settembre, poi, a distanza di quattordici mesi dal trapianto, uscimmo dallo stato detto di aplasia, raggiungendo valori emocitometrici accettabili.

Oggi sono passati poco più di due anni dalla diagnosi, poco meno di diciotto mesi dal trapianto e siamo qui: Daniela che non vuole arrendersi nonostante la stanchezza che a volte la sovrasta e Smidy, un midollo smidollato, che ancora non si decide a lavorare a regime e che ha ancora qualche cellula strana qua e là, ma che, ormai, hanno imparato a condividere lo stesso corpo e la stessa vita.

Questo mio blog è il regalo di Natale, un po' in ritardo, che faccio a tutte le mie amiche ed i miei amici che hanno seguito l'evolversi della nostra storia, quella mia e di Smidy intendo, attraverso un altro luogo virtuale nel quale si era stabilita una fitta rete di relazioni sociali che oggi mi mancano. Spero che un giorno possano ricostruirsi.

Se avrete voglia di condividere idee, pensieri, sensazioni con una malata di cancro che non ha paura di chiamare il suo problema con il suo vero nome e se non ne siete impressionati, veniteci a trovare: Smidy ed io ne saremmo contenti!

A presto

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